Il grezzume dilagava nell’Alto vicentino con il verbo dei Melt, vero e proprio motivo di emulazione e aggregazione. I tre piromani avevano dato fuoco le polveri e sul loro esempio erano nate band come Muppez, Pugsly, Fuckin’ Noise e Fallimento.
Il caso Melt era unico in provincia: avevano convertito al punk decine di
ragazzi, gente che beveva forte, e ora i nuovi discepoli devastavano la bigotta Thiene con tre accordi e tremila damigiane di vino.
Gli organizzatori locali, attirati dalla prospettiva di facili affari, non si aspettavano di certo il caos provocato dall’entourage dei Melt, che in svariate occasioni comportava l’immediata interruzione dei concerti.
Spesso i tre musicisti venivano ricacciati a casa in malo modo, ai limiti della lapidazione: a Chiuppano avevano iniziato a suonare mandando fanculo tutti, provocando l’ira degli anziani del luogo e il conseguente inseguimento sotto minaccia di linciaggio, tanto che a Gian era addirittura arrivato un calcio nel casco mentre stava fuggendo a bordo del suo Oxford.
Al teatro di Thiene, invece, il sipario si era aperto su una folla invasata che aveva assaltato il palco, costringendo gli organizzatori a una rapida chiusura del tendone.
Il pubblico, una masnada di randagi, si era infine sfogato distruggendo i bagni e scaraventando i lavelli in platea.
Dalle loro parti i Melt avevano causato due reazioni antitetiche: euforico
proselitismo nei giovani, e scandalizzata disapprovazione da parte degli adulti.
Le scorribande nell’Alto vicentino erano la conseguenza di un sentimento
di rivalsa alcolica: la dedizione di questo territorio verso il bicchiere facile,
amore coltivato attraverso secoli di cultura popolare contadina, alimentava
una vita da osteria che si rifletteva anche sui giovani ribelli.
Molte punk band accompagnavano le loro gesta con l’alcol non solo perché questo era uno dei luoghi comuni del rock ’n roll, ma anche perché vivevano in una zona dove la grappa era più importante dell’acqua.
Un sincretico legame tra sacro e profano: la tradizione del bere e la rivoluzione del punk.
Il testo sopra citato è tratto dal libro di Massimo Fagarazzi che ha romanzato la scena musicale underground vicentina degli anni 90 nel capolavoro indie “IL TEMPO BRUCIA LE TAPPE” – Massimo è un mito, comprate i suoi libri, asini!